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    Sessantenni a rischio disabilità

    Negli Stati Uniti nel corso di dieci anni la percentuale di persone di quell'età che hanno problemi è aumentato, nei diversi ambiti delle abilità funzionali, fra il 40 e il 70 per cento

    L'autonomia fisica dei sessantenni di oggi, e verosimilmente di quelli di domani, è inferiore a quella che mostravano i sessantenni di ieri. E' questo il risultato di uno studio condotto presso la David Geffen School of Medicine dell'UCLA pubblicato sull'American Journal of Public Health.

    Finora l'aumento dei problemi legati alle patologie croniche e alle disabilità era stato considerato semplicemente l'altra faccia dei successi della medicina e del miglioramento del tenore di vita che hanno allungato le aspettative di vita e che stanno portando sempre più persone a toccare o superare la soglia degli ottant'anni.

    Per la loro analisi i ricercatori hanno utilizzato i dati rilevati nel National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) del 1988 e del 1999 nei quali sono stati registrati i livelli di disabilità nella popolazione all'epoca sessantenne, settantenne e ottantenne. Le disabilità considerate rientravano in quattro ambiti: attività di base necessarie alla vita quotidiana (come spostarsi da una stanza all'altra, alzarsi dal letto o coricarsi); attività "strumentali", come prepararsi da mangiare; mobilità, come camminare per 500 metri o salire 10 gradini senza doversi riposare; e limitazioni funzionali, come difficoltà a chinarsi o a piegare le ginocchia.

    I ricercatori hanno riscontrato che nelle coorti esaminate dal 1988 al 1999 il tasso di disabilità fra i sessantenni è in media cresciuta nei diversi ambiti fra il 40 e il 70 per cento. Per contro non sono stati rilevati cambiamenti significativi nei gruppi di età compresa fra i 70-79 anni, mentre nei ultraottantenni si poteva osservare addirittura una leggera diminuzione dell'incidenza e dell'entità delle limitazioni funzionali.

    "L'aumento della disabilità in questa coorte è preoccupante perché si tratta di un gruppo molto numeroso. E' possibile che si tratti di persone che hanno una più lunga storia di sovrappeso e che ora se ne vedano le conseguenze. Non siamo certi però del perché di questo incremento, che potrebbe avere un impatto pesante considerate le risorse che dovranno essere destinate a queste persone", ha commentato Teresa Seeman, che ha diretto lo studio.

    Fonte: http://lescienze.espresso.repubblica.it/

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