Un progetto pilota di ricerca-intervento di stimolazione cognitiva rivolto ad anziani cesenati affetti da demenza, che vivono al proprio domicilio.
E’ promosso per il secondo anno consecutivo dal Centro Esperto Demenze dell’Azienda USL di Cesena in collaborazione con la Facoltà di Psicologia di Bologna, il Gruppo Ricerca e Intervento in Psicologia dell’Invecchiamento (GRIPI) e il Gruppo Associativo Invecchiare Attiva-mente GAIA. Obiettivo del progetto, coordinato dal prof. Rabih Shattat della Facoltà di Psicologia di Bologna e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena, è quello di offrire una attività di supporto continuativa nel tempo ai malati di Alzheimer, e ai loro familiari, e completare così un percorso di presa in carico precoce, continuativo e integrato nella rete dei servizi già disponibili.
Circa un centinaio gli anziani coinvolti nel progetto, per un totale di 8 corsi di stimolazione cognitiva previsti per il 2007. La stimolazione cognitiva è un tipo di intervento di gruppo, non farmacologico, rivolto alle persone affette da demenza che mira a rallentare il declino cognitivo che la malattia comporta.
Si basa sulla stimolazione delle funzioni cognitive non ancora compromesse, tendendo al loro mantenimento e rallentando così il decorso della malattia, il peggioramento dei sintomi cognitivi e del loro impatto funzionale, agendo in questo modo anche sulla qualità della vita della persona malata e dei suoi famigliari.
Nel 2006 ai 5 corsi di stimolazione cognitiva di gruppo hanno partecipato 33 anziani cesenati ultra70enni (21 femmine e 12 maschi) che hanno ricevuto un intervento di stimolazione cognitiva della durata di 7 settimane, due volte alla settimana con incontri di un’ora con due esperte psicologhe, Micaela Fagioli dell’Ausl di Cesena e Donatella Venturi della Facoltà di Psicologia.
I partecipanti sono stati valutati prima e dopo l’intervento e dall’analisi dei dati è emerso un miglioramento significativo nelle funzioni cognitive e un andamento positivo nella qualità della vita e nell’umore a conferma dell’utilità di questo tipo di intervento nel contrastare il progressivo decadimento della malattia.
“La demenza – spiega la Dott.ssa Susanna Malagù, responsabile del Centro Esperto Demenze del Bufalini – è oggi considerata una “malattia sociale”, perché non coinvolge solo l’individuo malato, ma anche la rete sociale in cui è inserito.
Le famiglie sono infatti profondamente coinvolte nel processo di cura e di assistenza, e si trovano ad affrontare enormi stress fisici e psicologici, legati alla malattia ed ai cambiamenti che essa determina nella persona colpita.
Considerando la durata di tale patologia, che è stimata intorno ai dieci anni circa – ci si rende conto del forte impatto sociale che tale condizione impone e di quanto sia importante cercare degli interventi che mirino a contrastare il decorso del deterioramento cognitivo e migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei loro famigliari”.
Articolo tratto da: www.romagnaoggi.it