La riflessione intorno alle "altre economie" scoppia anche in Italia. Dove arriva il premio Nobel Kahneman, a parlare di economia dei comportamenti, spiegando anche perché i nostri politici eccedono in ottimismo rispetto a se stessi.
Intorno al premio Nobel per l'economia Daniel Kahneman, nei giorni scorsi si è tenuto a Roma un incontro importante: «Psicologia ed economia della felicità: verso un cambiamento dell'agire politico». E' la conferma che anche in Italia, almeno nei circoli accademici più aperti, la riflessione intorno ai limiti dell'economia classica e dell'Homo oeconomicus, è ormai sviluppata.
L'economia dei comportamenti è arrivata da tempo a far cadere molte illusioni sulla razionalità dei mercati e dei loro attori e, contemporaneamente, la psicologia, ora associata alle neuroscienze, va portando contributi riguardo al come le persone e le organizzazioni prendono le decisioni, sia quelle minute che quelle strategiche. C'è dunque anche un impatto sulla politica, anche se la tavola rotonda finale, con i politici italiani, appunto, è risultata assai deludente. «Felicità» e «Ben-Essere» sono purtroppo trattati nel nostro paese come cose da riviste di salute o di stili di vita, mentre questi studiosi ci dicono che dalla loro soddisfazione o meno dipende lo stato delle nazioni e persino delle democrazie.
Un saggio abbastanza recente dello stesso Kahneman, pubblicato nel gennaio scorso sulla rivista Foreign Policy, può far capire la portata dei problemi. Esso cerca di spiegare, sulla base di decenni di ricerche della moderna psicologia perché al momento di prendere le decisioni «I falchi vincono sempre», raccogliendo il consenso dei decisori, mentre le colombe, propense alla diplomazia e alla trattativa soccombono quasi sempre. Attenzione, lo studioso non sostiene che i falchi abbiano necessariamente torto; qualche volta hanno ragione, come nel caso dell'intervento militare durante al Seconda Guerra Mondiale.
Quello che si nota, tuttavia, è che i politici (ma anche i manager, in genere i decisori) scelgono facilmente la linea dura e conflittuale, e questo per una serie di errori cognitivi che la psicologia ha da tempo studiato, anche in situazioni di laboratorio. Tipico per esempio, è l'eccesso di ottimismo rispetto a se stessi e alle proprie forze, accompagnato da una incapacità a valutare le proposte altrui, soltanto per il fatto che vengono da un nemico. Anche così scoppiano le guerre.
Di di Franco Carlini, tratto da: www.visionpost.it