Gli psichiatri la chiamano "ansia sociale". Crescono le persone che hanno paura di mostrarsi in pubblico, parlare con gente che non conoscono, guardare i propri interlocutori negli occhi. In Italia, affermano gli psichiatri, la fobìa colpisce l'8 per cento degli adulti ed è sempre più frequente nei bambini. Il dato è stato reso pubblico nel corso del decimo congresso della Società italiana di Psicopatologia che si è aperto a Roma il 22 febbraio e si concluderà domani.
Da cosa nasce questa nuova patologia? Secondo gli esperti, i modelli sociali diffusi hanno provocato una crescita progressiva dell'insoddisfazione personale, una minore capacità di adattamento alle nuove situazioni, una ridotta tolleranza alle frustrazioni. In sostanza siamo sempre meno capaci a sopportare ed affrontare le situazioni dolorose.
Un nuovo fenomeno che colpisce in primo luogo le donne, costrette dai nuovi e più pesanti ruoli sociali a misurarsi con il mondo esterno, che le bombarda giornalmente con messaggi che parlano sempre di successo, bellezza e benessere economico. Tutti elementi indispensabili per essere felici.
Ma la fobìa sociale, sempre più spesso, si manifesta con segnali chiari fin dall'infanzia. Quali sono? Il bambino si rifiuta sistematicamente di stare con gli altri, partecipare alle feste, farsi interrogare a scuola. Cosa dovrebbero fare i genitori? Secondo gli psichiatri la fobìa sociale può essere normalmente curata, ma se viene sottovalutata rischia di portare a gravi forme di depressione e a disturbi psichici con il passare degli anni.
Il nodo del problema, comunque, resta il mutamento del rapporto tra i genitori e i figli. "La famiglia tradizionale non esiste più, oggi siamo in presenza di aggregati familiari – afferma il professor Amato Amati, ordinario di Psichiatria all'università di Catanzaro, e moderatore del seminario sulla "nuova normalità" assieme al professor Massimo Biondi, docente di Psichiatria alla Sapienza – nella vecchia famiglia era normale che i genitori ponessero limiti rigidi entro i quali i figli erano costretti a muoversi. I figli erano portati a distruggerli per superarli e crescere".
"Oggi questo non accade più, siamo alla ricerca di nuovi equilibri fra il rispetto, le trasgressioni e i valori. L'eccessivo buonismo fa male ai bambini. Oggi i modelli di riferimento cambiano con grande velocità, in media ogni 4 o 5 anni, contro i 25 del passato. E questo accresce l'ansia nei ragazzi. Un tempo si viaggiava su comodi binari – conclude – oggi dobbiamo imparare a guidare un fuoristrada".
E con il mutamento della struttura sociale e familiare aumentano i bambini "difficili". Uno su dieci tra quelli in età prescolare che presentano diversi livelli di disturbo nei comportamenti. "Il più delle volte si possono escludere difetti della sfera cognitiva – commenta la psichiatra Sandra Maestro dell'Università di Pisa – o particolari patologie organiche, mentre riscontriamo una forte tendenza a crisi di rabbia, collera e opposizione".
Articolo tratto da http://www.repubblica.it/