Due articoli pubblicati sull'ultimo numero di "Science" rilanciano la tesi che i modelli matematici relativi al comportamento sociale potrebbero aiutare i capi di governo a prendere le decisioni corrette in situazioni che rischino di degenerare in conflitti o in gravi fatti di violenza.
Così, i gruppi etnici e culturali diversi si comporterebbero come differenti tipi di molecole in una provetta, interagendo in modo differente a seconda del grado di miscelazione. Lo sostiene nell'articolo Ethnic Violence, a Matter of Boundaries? un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology, del New England Complex Systems Institute e della Brandeis University che illustra la tesi in un articolo a prima firma May Lim.
Mutuando dalla chimica il concetto di separazione di fase, i ricercatori hanno mostrato che i diversi gruppi tendono ad affrontarsi in modo violento o a coesistere pacificamente in funzione della migliore o peggiore definizione dei confini che fanno da interfaccia fra di essi.
Gli autori hanno sviluppato un modello basato sull'assunzione che la violenza non si scateni in regioni fortemente miste in quanto ciascuno dei gruppi non considererebbe lo spazio comune come proprio; la violenza sarebbe improbabile anche nelle regioni in cui i gruppi sono separati e non si impongono l'uno sull'altro. Una cattiva definizione dei confini stimolerebbe invece i conflitti. Applicando il modello ai dati forniti dal censimento del 1991 in Iugoslavia, appena prima dello scoppio del devastante conflitto balcanico, e alla situazione delle comunità indù, islamiche, cristiane, sikh e buddiste nell'India nel 2001, i ricercatori sono riusciti a ottenere come risultato i punti di più elevata frizione fra di esse, dove effettivamente erano esplosi conflitti e tumulti.
V.S. Subrahmanian, dell'Università del Maryland, ha invece proposto (Cultural Modeling in Real Time) un modello sociologico dei comportamenti che dovrebbe poter aiutare i responsabili politici a prevedere le conseguenze delle loro azioni in contesti che sono loro culturalmente estranei. Applicato alla situazione sudanese, osserva il ricercatore, esso avrebbe potuto prevedere l'inaspettata reazione di quel governo di lanciare una forte offensiva nel Darfur, subito dopo la decisione delle Nazioni Unite di mandare in una forza di pace in quella regione.
Il ricorso a tecniche di modellazione di situazioni complesse vanta una lunga tradizione, a partire dall prime applicazioni basate sulla teoria dei giochi sviluppate da John von Neumann e da Vannevar Bush fin dagli anni cinquanta, con lo sviluppo di modelli soprattutto per la gestione di situazioni di conflitto armato. Finora, tuttavia, i tentativi di applicazione a scenari ancora più complessi non hanno dato prova soddisfacente di sè, anche per la difficoltà di isolare le variabili influenti quantificabili.
Fonte: http://lescienze.espresso.repubblica.it