Felicità «è un cuscino di piume, l’acqua del fiume»… o no? Felicità è una materia d’esame, molto, molto seria. Da quest’autunno si insegna in cento campus americani.
E in molte scuole inglesi. L’esperimento dell’anno scorso al Wellington College di Crowthorne, oltre a far salire le azioni del preside Anthony Sheldon, ha consolidato il progetto: un’ora settimanale di «introduzione alla felicità» sin dalla scuola media.
Dopo le dichiarazioni di Tony Blair sul ministero del benessere, il problema è dare un contenuto al termine felicità (successo? denaro? amore? fitness?) altrimenti si ricade nell’acqua del fiume e nel cuscino di piume.
Per Sting è «l’attimo fuggente», per Franco Battiato «il profumo di una gardenia», per Valentino Rossi, «vincere». Soltanto Sergio Castellitto, in controtendenza, diffida della felicità: «Che è breve e isterica. Meglio la contentezza, che ti accompagna per tutta la vita». Ma la contentezza non la insegna nessuno.
A lezione di «star bene»
A Cambridge, invece, Nick Bayles da lezioni su «Star bene con se stessi e con gli altri», mentre ad Harvard, le «lezioni di felicità» tenute all’interno del corso di Psicologia positiva daTal Ben-Shahar (90 minuti dove c’è di tutto, dalla meditazione all’autocoscienza) hanno sfiorato la cifra record di 900 studenti.
«Fondamenti dell’economia» non è arrivata a 700. Sempre ad Harvard, lo psicologo Daniel Gilbert, ha inventato la «scienza delle previsioni emotive», per «pianificare la felicità».
Giovanni Puglisi, rettore dello Iulm di Milano, liquida con un pizzico di ironia le «americanate»: «Da noi non funzionerebbero – sostiene -, nella cultura europea la felicità è un concetto complesso. C’è voluta tutta la caparbietà e l’autorevolezza di Francesco Alberoni per far passare una visione non banale dell’innamoramento. Figuriamoci le lezioni di felicità». E bolla come «pensiero aurifero» (leggi: truffa) molti tentativi di spacciare (a pagamento) una visione del mondo ottimista e liberatoria.
Sugli scaffali
Eppure manuali (nel 2006 ne sono usciti 24) e lezioni, anche on line, fanno furore. Il libro sul quale si discute di più in rete (15 mila opinioni registrate) è «Le ragioni della felicità» di Christian Boiron, filosofo, presidente e direttore generale dei Laboratoires Boiron, azienda omeopatica numero uno al mondo. Mentre fioccano le ordinazioni per «L’agenda della felicità 2007» del maestro di saggezza Omar Falworth.
E ci si può iscrivere ai corsi tenuti da guru più o meno di tendenza. Sono quasi chiuse le prenotazioni per il seminario di «motivazione personale» del trainer di Bill Clinton, Anthony Robbins, (full immersion di quattro giorni a Londra, dal 29 settembre al 2 ottobre) «per chi vuole dare una svolta alla propria vita e costruirsi un futuro di successo e di felicità».
Mentre c’è ancora tempo per quello dello psicologo John Gray a Roma, il 17-18 novembre, dedicato a chi vuole migliorare i rapporti interpersonali e risolvere problemi sentimentali (l’amore, o il non amore, si sa, possono rendere parecchio infelici). Gray, 30 milioni di copie vendute in tutto il mondo, è l’autore del bestseller «Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere» e promette di insegnare «tecniche utili per sviluppare relazioni gratificanti».
Un po’ di ricchezza aiuta
Mode a parte, c’è qualcosa di vero nel fatto che la felicità si può imparare. Antonella Delle Fave, ordinario di psicologia generale alla facoltà di Medicina dell’Università di Milano e presidente del network europeo di Positive Psychology dice che c’è troppa attenzione alle patologie, «mentre, esplorare gli ambiti in cui le persone stanno bene, può essere d’aiuto per valorizzare le risorse interiori.
Conoscenze di questo genere potrebbero servire non solo nelle facoltà di psicologia, ma dovunque ci si occupi di risorse umane e anche di economia».
Niente di strano, perciò, che gli economisti, (come Maurizio Franzini, professore di Politica economica alla Sapienza di Roma) accettino per primi l’idea del diritto alla felicità (ma il copyright, datato 1776, è di Gaetano Filangieri) nelle società avanzate. Il sito della «European School of Economics» (anno accademico 2006-2007) si apre con una bella citazione: «Soltanto un uomo felice può cambiare l’economia». (Dirlo a Padoa Schioppa).
E i soldi? In tutto questo discutere di felicità, quanto c’entrano? Alfio Bardolla, che ha il suo quarto d’ora di gloria come fondatore del wellness finanziario, nonché unico «financial coach» italiano, pubblica a fine ottobre con Sperling & Kupfer un libro dal titolo esplicito: «I soldi fanno la felicità».
Il tema, però è controverso. Due eccentrici professori inglesi, Andrew Oswald e Jonathan Gardner hanno studiato 9000 famiglie per dieci anni e hanno scoperto che mille sterline (circa 1600 euro) aggiunte al reddito familiare aumentavano il «tasso di felicità». Mentre all’Università di Utrecht sono arrivati alla conclusione che oltre una certa soglia (garantito cioè il benessere) il denaro in più non migliora la vita. Poveri ricchi. Tutti a lezione!
Articolo tratto da: www.lastampa.it