Stanno meglio nello Zimbabwe e in Colombia, e in Europa solo le donne greche se la passano peggio di quelle italiane, se si parla di rapporto tra tipo di lavoro e retribuzione, o di accesso a posizioni di potere. Il rapporto elaborato dal World Economic Forum non usa mezzi termini per descrivere le opportunità delle donne italiane: "Italia e Grecia hanno la situazione peggiore in Europa, con indici che riflettono i bassi livelli di partecipazione politica delle donne agli organi decisionali e le scarse possibilità di carriera in campo professionale".
Una bocciatura senza appello. Il "Gender gap index" (indice delle differenze uomo-donna) pubblicato oggi dal World economic forum nell'ambito del Programma globale per la competitività, relega l'Italia al 45esimo posto, dietro a paesi come la Colombia, l'Uruguay, il Bangladesh, lo Zimbabwe e la Thailandia. Il rapporto annuale dell'organizzazione internazionale indipendente prende in esame 58 paesi: all'ultimo posto della classifica ci sono Pakistan, Turchia ed Egitto, il primo tra i paesi non europei è la Nuova Zelanda, sesta, gli Stati Uniti sono undicesimi.
Le nazioni in cui le donne stanno meglio sono Svezia, Norvegia, Islanda e Danimarca. E non è una novità. Ma stupisce davvero che paesi appena entrati nell'Unione Europea se la cavino molto meglio di noi, o che le donne italiane possano avere più difficoltà ad essere pagate quanto un uomo delle donne argentine, sudafricane o malesi. Né consola che l'Italia salga all'11esimo posto nella classifica in fatto di assistenza sanitaria e sostegno alla maternità, quasi a sottolineare che se si deve investire lo si fa nelle mamme più che nelle imprenditrici.
Il rapporto infatti sottolinea che "i paesi europei hanno in genere buone posizioni nella classifica, con dieci nazioni tra le prime quindici", nonostante "ci siano differenze nelle cinque diverse aree tenute in considerazione". Le donne britanniche sono quelle che hanno i risultati migliori nel campo dell'istruzione, le tedesche maggiore rappresentanza politica e il rapporto enfatizza proprio i buoni risultati dei nuovi membri Ue, come Lettonia, Lituania ed Estonia. Un dato che fa risaltare i casi italiano e greco.
Il Wef ha utilizzato per la classifica cinque criteri: la partecipazione economica e la parità di remunerazione tra i due sessi; le opportunità di accesso a tutti i tipi di lavoro; la rappresentatività nelle strutture decisionali dei paesi; l'accesso all'educazione e l'assistenza alla salute e alla maternità. La classifica è stata compilata calcolando i dati forniti da statistiche nazionali, organizzazioni mondiali (tra le quali l'Onu) e ricerche compiute dallo steso Wef.
"Il nostro studio mostra che mentre alcuni paesi sono riusciti a diminuire il divario tra uomo e donna in modo consistente – commenta Saadia Zahidi, una degli economisti autori del rapporto – in altri le donne sono discriminate in alcuni settori fondamentali, come il lavoro, la politica, la salute e l'istruzione. Il dato davvero sconcertante è che nessuna nazione è riuscita ad eliminare completamente le discriminazioni".
Articolo di Cristina Nadotti, tratto da http://www.repubblica.it