Maschio, di età compresa tra i 13 e i 30 anni, disinteressato al contatto con l’esterno e privo di vita sociale: ecco l’identikit dell’individuo videogioco-dipendente. Una forma di dipendenza, quella dal joystick, paragonabile a quella dalle droghe o dal gioco d’azzardo e per la quale è stato disegnato un programma speciale in una clinica olandese, l’Amsterdam-based Smith & Jones Addiction Consultants diretta da Keith Bakker, specializzata in disintossicazione.
Chi si rifugia nei videogiochi ha voglia di evasione e seri problemi a rapportarsi con la realtà, oltre che problemi relazionali. Questo tipo di disagio è comune a molti soggetti che finiscono vittime di qualche dipendenza, sia essa da sostanze stupefacenti o da azioni, come il gioco d’azzardo, che stimolano la produzione di adrenalina e soddisfano, o meglio, sedano il cervello.
Nel caso della dipendenza da videogiochi, però, c’è un elemento che colpisce: i primi otto soggetti che sono stati sottoposti al programma disintossicante durato otto settimane avevano un’età media pari a 15 anni. “Adolescenti drogati da immagini tridimensionali e giochi di varia natura che non hanno la consapevolezza di avere un problema di dipendenza, questa la cosa più grave”, ha dichiarato Bakker.
“L’incontro con i videogame avviene in famiglia; sono i genitori che regalano e spesso non regolamentano l’uso di questo giocattolo ai ragazzi che se ne fanno assorbire; per la modalità di incontro, però, con la dipendenza (cioè in casa e con il beneplacito dei genitori) nessuno, né gli adulti né i ragazzi, ha la percezione del rischio in cui si incorre”, continua la Bakker.
L’educazione, dunque, dovrebbe partire dagli adulti e dalla famiglia. Non a caso il programma di disintossicazione della clinica olandese prevede anche incontri di counseling della famiglia con psicologi.
Biblio: Press release dell’Amsterdam-based Smith & Jones Addiction Consultants.
Autore: Emanuela Grasso
Fonte: http://it.health.yahoo.net