• 250527 iscritti di cui 10 online

    Demenza: come favorire la capacità di scelta del paziente

    La malattia di Alzheimer è una disfunzione cerebrale, che determina la progressiva compromissione delle facoltà mentali (memoria, ragionamento, linguaggio, orientamento, ecc.) tale da interferire significativamente con le occupazioni giornaliere della persona. 


    Nella maggior parte dei casi, l’aggravarsi della sintomatologia porta alla progressiva perdita dell’autonomia ed alla crescente necessità di assistenza. Questa malattia rappresenta circa il 50-70% delle forme di demenza.

    Possiamo affermare che la maggior parte degli anziani mantiene un buon grado di autonomia, tuttavia, si può stimare che circa il 6,4% della popolazione sopra i 65 anni sviluppi una forma di demenza (30% dopo gli 85 anni); allo stato attuale non esiste un trattamento farmacologico capace di curare la demenza di Alzheimer in senso stretto, né di arrestarne in maniera durevole il decadimento associato o di revertirne i sintomi in fase iniziale, di conseguenza, al netto di ciò che oggi conosciamo su questa terribile malattia, un interesse sempre crescente si sta, giocoforza, accentrando su quelle terapie non farmacologiche prive di effetti collaterali e foriere di nuovi approcci e metodologie nei confronti del malato e della sua famiglia, una tra tante è la Terapia della bambola o doll therapy.

     
    La Terapia della bambola consiste nell’utilizzo di bambole con caratteristiche particolari tali da favorire l’accudimento attivo da parte dell’anziano con un grado di demenza severo.
    Nata in Svezia verso la fine degli anni ‘90 dall’idea di Britt Marie Egedius Jakobsson, psicoterapeuta, che l’aveva pensata per stimolare l’empatia e le emozioni del proprio figlio autistico, la bambola “Empathy doll” si è trasformata da semplice giocattolo a strumento terapeutico, grazie alle sue caratteristiche particolari che la rendono un oggetto unico, significativamente diverso da una qualsiasi bambola tradizionale fatta di plastica o di ceramica o di pezza o di qualsiasi altro materiale.
     

    Al di là dei benefici facilmente immaginabili derivanti da questa pratica, che attiva i sistemi di accudimento e di esplorazione della persona con demenza, promuovendo e migliorando la dimensione affettiva e relazionale di attaccamento/accudimento e la dimensione attentiva nel comportamento di esplorazione, oltre ad incoraggiare la capacità di relazione con il mondo circostante, diminuendo al contempo i livelli di ansia, aggressività, oppositività, insonnia e dei disturbi comportamentali in genere, riattivando anche le relazioni con gli altri ospiti e operatori, si affianca una tematica molto importante che è quella dell’assunzione di responsabilità.

    Troppo spesso infatti ci dimentichiamo che le persone con demenza condividono, con tutti gli altri esseri umani, i medesimi bisogni di base, tra i quali è di primaria importanza quello di assunzione di responsabilità e di diritto alla scelta; non è qualcuno di esterno che ci vuole bene e che decide ogni cosa al posto nostro colui che ci farà davvero felici, bensì colui che, rispettando il nostro diritto alla scelta, ci propone, in ogni fase della nostra esistenza, anche in quelle difficili come la demenza, poche alternative tra le quali possiamo ancora esercitare il nostro diritto a desiderare esplicitamente ciò che ci fa piacere e a rifiutare ciò che ci fa dispiacere.


    In questo senso, la terapia della bambola appare uno strumento perfetto poiché permette, se utilizzato da personale competente e nella maniera corretta, di lasciare ampia libertà alla persona affetta da demenza nella scelta: scelta di accudire o di non accudire, di cullare oppure di parlare, scelta di prendersi cura di un “bambino” (se dalla persona riconosciuto come tale) e perciò di assumersi una responsabilità come, probabilmente, non gli accadeva più da tempo.

    In poche parole la bambola empatica permette alle persone con demenza di esercitare nuovamente quei diritti e bisogni di base che, troppo spesso, vengono accantonati in nome di un benessere imposto da qualcun altro e che risulta poi decisamente difficile da riconoscere sul campo.

     
    Non solo, la terapia della bambola è anche una pratica decisamente innovativa, soprattutto in Italia, dove le strutture che la utilizzano sono ancora poche; è qui che lo psicologo, in qualità di “specialista dell’invecchiamento” può fare la differenza, se è a conoscenza della metodologia di somministrazione e valutazione della terapia della bambola.  
     

    In assenza di farmaci in grado di arrestare il deterioramento cognitivo e privi di pesanti effetti secondari sugli utilizzatori finali, dobbiamo mettere in campo ogni conoscenza e risorsa per contrastare la sofferenza, il disagio, lo stress e la perdita di qualità di vita che pazienti e familiari di malati di Alzheimer sperimentano quotidianamente.

    Una cosa “semplice” come una bambola permette alle persone con demenza, per definizione “senza più la mente”, di effettuare un’operazione complessa come quella di scegliere e di autodeterminarsi in nome del proprio benessere. Se non è un piccolo miracolo questo… 

    La Dr.ssa Prestia è docente nel corso: La diagnosi neuropsicologica, corso avanzato: test neuropsicologici per la valutazione delle principali funzioni cognitiveLeggi il programma >
    BIBLIOGRAFIA
    Franti. Bioethics. 2018; 32:240-250. Responsibility and age-related dementia.
    Braden BA, Gaspar PM Dementia (London). 2015 Sep;14(5):696-706.
    Implementation of a baby doll therapy protocol for people with dementia: Innovative practice.
    Per lasciare un commento è necessario aver effettuato il login.

    Aree riservate agli abbonati di liberamente