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    Autenticità, emozioni e salute

    Il raggiungimento del successo e del benessere è come un obbligo che spinge verso l'affermazione personale. Tuttavia sempre più spesso chi rincorre il successo a tutti i costi lamenta perdita di autenticità, un pervasivo senso di vuoto, di mancanza di significato e vitalità in ambiti essenziali della vita come il lavoro e l'amore, disturbi d'ansia, depressivi o psicosomatici. Esiste un sottile filo conduttore che lega l'autenticità con l'espressione emotiva e lo stato di salute (fisica e psichica): “Le persone che hanno difficoltà ad essere se stesse, a riconoscere e a comunicare agli altri le proprie emozioni, a lottare per realizzare i propri bisogni affrontando gli inevitabili conflitti che ciò comporta, sono più esposte ai problemi di salute – osserva Franco Baldoni, professore di Psicologia clinica presso l'Università di Bologna (in un articolo pubblicato su Quaderni di Psicoanalisi e Psicodramma Analitico) – la nostra autenticità, quindi, sembrerebbe un bene prezioso, da tutelare anche quando essa ci porta a vivere dei contrasti con l'ambiente esterno o con quello interno”.

    Nella vita reale l'individuo è continuamente esposto a situazioni in cui è costretto a scegliere tra autenticità e conformismo. In ambito psicologico, il concetto dell'autenticità è stato studiato in modo particolare secondo una prospettiva psicoanalitica: dalla “personalità come se” descritta da Helen Deutsch, presente in soggetti che all'apparenza si relazionano facilmente (rimandando tuttavia agli altri una sensazione di vuoto, di mancanza di spontaneità), sostanzialmente incapaci di identificazione con la soggettività altrui, ma in grado di esercitare una abilità di imitazione (come se) che li porta ad aderire alle aspettative altrui, modificando, al pari di un camaleonte, l'immagine che mostrano agli altri, la ricerca psicoanalitica giunge al costrutto del “falso Sé” elaborato dal pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott.

    Mente il vero Sé comunica un senso di esistenza nel proprio corpo, e permette all'individuo di sentirsi autentico e creativo, di provare e trasmettere gioia e piacere, il falso Sé si svilupperebbe durante l'infanzia come una struttura difensiva che ha il compito di proteggere il vero Sé. In una personalità matura aspetti di vero sé e falso sé si coniugano armonicamente (il falso Sé indirizza il comportamento socialmente accettabile), al contrario, in una personalità disturbata, il falso Sé oscura, fino quasi ad annullare, il vero Sé, limitando l'individuo nella capacità di vivere relazioni affettive stabili e profonde, nella individuazione e sviluppo di interessi autentici, predisponendo all'insorgenza di scompensi psicosomatici di vario tipo, con sintomatologia prevalentemente psichica (depressione, attacchi di panico, crisi psicotiche) o somatica (malattie cardiovascolari, patologie endocrine, disturbi gastrointestinali, tumori).

    Winnicott insiste sul valore dell'autenticità non soltanto come fondamento della salute mentale, ma della vita stessa. “Un indicatore della salute mentale – scrive Winnicott nel 1970 – è la capacità di un individuo di entrare in forma immaginativa e in maniera accurata nei pensieri, nei sentimenti, nelle speranze e nelle paure di un'altra persona; ed anche di concedere a un'altra persona di fare la stessa cosa con lui”. In altre parole, per vivere bene, è importante riuscire ad identificarci con gli altri mediante l'immaginazione (cioè di rivivere in noi stessi e di assimilare i modelli altrui) e dare anche a loro la possibilità di identificarsi con noi.

    Per il filosofo e pedagogista Martin Buber soggetto e intersoggettività sono sincronicamente complementari: “E' uno solo il principio su cui si basa la vita associata degli uomini anche se sono due le forme in cui si manifesta: il desiderio che ogni uomo ha che gli altri lo confermino per quello che è, o magari per quello che può divenire; è la capacità (che è innata nell'uomo) di poter confermare i suoi simili come essi desiderano”. Quando, in una relazione significativa, manca il rispecchiamento reciproco (da parte di uno o di entrambi i significativi), la discontinuità crea “buchi” nell'esperienza soggettiva, determinando difficoltà o impossibilità di vivere le relazioni come luogo per esprimere e realizzare le potenzialità dell'individuo.

    Saper entrare in risonanza con le emozioni degli altri presuppone una alfabetizzazione emotiva. Un problematica cruciale studiata nella ricerca psicosomatica riguarda il rapporto che l'individuo ha con le proprie emozioni e con i propri bisogni più autentici. L'esistenza di tratti alessitimici (il termine alessitimia indica letteralmente mancanza di parole per le emozioni, ovvero la difficoltà a riconoscere ed esprimere le proprie emozioni), è considerata un importante fattore di rischio psicosomatico.

    Conclude Baldoni: “Non può esistere una condizione umana di autenticità assoluta e la padronanza completa del proprio mondo emotivo credo sia una utopia. Nonostante non debba essere troppo idealizzata, la ricerca della propria autenticità va comunque considerata un valore e le fatiche che essa comporta un buon investimento per il mantenimento di un relativo stato di salute e per il raggiungimento di una condizione esistenziale creativa ed appagante”.

    Il legame tra emozioni, salute e malattia, è al centro del XX Congresso dell'International College of Psychosomatic Medicine che si terrà a Torino dal 23 al 26 settembre 2009, con il patrocinio del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.

    Fonte: http://www.lastampa.it/

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