Un team composto da ricercatori italiani, svedesi, svizzeri, statunitensi e tedeschi ha fatto una straordinaria scoperta sull’evoluzione della comunicazione tra i due emisferi del cervello umano. Lo studio è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista americana Proceedings of the National Accademy of Science (PNAS). La Sapienza partecipa al gruppo di ricerca con il professor Roberto Caminiti del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia, dove si sono svolti gran parte degli esperimenti.
I ricercatori, confrontando i cervelli di macaco, scimpanzé e uomo hanno scoperto che in ognuna delle tre specie di primati i due emisferi comunicano tra loro attraverso fibre nervose di differente diametro e lunghezza, quindi con velocità e tempi di trasferimento delle informazioni diversi: più grosse e corte sono le fibre, più veloce è la conduzione delle informazioni; al contrario fibre sottili e lunghe comportano tempi di trasmissione più lenti. Le aree sensoriali e motorie comunicano con maggiore velocità rispetto alle aree associative, comparse più tardi durante l’evoluzione e ritenute responsabili delle funzioni più complesse della nostra mente. La ricerca ha rivelato che il diametro delle fibre tende ad aumentare nell’evoluzione dal macaco allo scimpanzé, ma non da questo all’uomo come invece ci si sarebbe aspettati per le maggiori dimensioni del cervello umano rispetto a quello degli altri primati. In altre parole l’Uomo moderno ha mantenuto un tipo di connessioni tra gli emisferi cerebrali appropriata per un cervello delle dimensioni di un nostro lontano antenato, l’ Austrolopitecus. Ciò significa che nel processo evolutivo attraverso le specie c’è stata una significativa dispersione temporale nella trasmissione delle informazioni tra i due emisferi, con la prevalenza di un meccanismo basato sul trasferimento lento dei segnali nervosi, piuttosto che sulla massima velocità possibile.
In base a questo studio gli autori hanno avanzato l’ipotesi che eventuali modifiche della dimensione e della lunghezza delle fibre nervose potrebbero avere conseguenze catastrofiche sulle funzioni cerebrali, conducendo a patologie neurologiche e psichiatriche. È stato osservato infatti che gli aspetti temporali del trasferimento delle informazioni influenzano la frequenza delle oscillazioni che gli emisferi cerebrali usano per le loro interazioni.
PNAS, 106, 19551-19556: Roberto Caminiti (Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia, Sapienza, Roma),, Hassan Ghaziri (Laboratory of Non-Linear System, Swiss Federal Institute of Technolgy, Lausanne), Patrick R. Hof (Department of Neuroscience, Mounth Sinai School of Medicine, New York), Ralf Galuske (Department of Biology, Technische Universität, Darmstadt), , Giorgio M. Innocenti (Karolinska Institutet, Stoccolma),
Fonte: Università La Sapienza, Roma
http://it.health.yahoo.net/c_news.asp?id=27131