Il 60% dei pazienti passati 'sul lettino' dello psicoterapeuta ritiene che la terapia sia finita troppo presto o troppo tardi, comunque non al momento giusto.
I risultati sono stati pubblicati recentemente su tre diverse riviste di psicoterapia, 'Bulletin of the Menninger Clinic', 'The Journal of the American Academy of Psychoanalysis & Dynamic Psychiatry' e 'Psychology and psychotherapy: Theory, research and practice'.
"Esiste la convinzione diffusa – spiega David Roe, direttore del dipartimento di Community Mental Health, facoltà di Social Welfare e Health Sciences dell'università di Haifa – che la psicoterapia trovi il suo compimento grazie al comune accordo tra il terapeuta e il paziente. Secondo la nostra ricerca questo non succede spesso".
Lo studio nasce da una collaborazione tra l'università Bar Ilan e l'università di Tel Aviv, che ha valutato 'ragioni ed emozioni' di 82 pazienti alla fine di una psicoterapia a orientamento psicodinamico durata almeno 6 mesi, in media due anni.
Il momento della fine della terapia è arrivato troppo presto per il 37% dei pazienti, mentre il 23% 'non ne poteva più'. Le ragioni più frequenti dell'interruzione ritenuta 'precoce': i troppi soldi spesi (34,5%) o incomprensioni con il terapeuta (27,6%).
Mentre per coloro secondo i quali è durata troppo: sentimento di disagio verso lo psicologo o psichiatra (26,3%), speranza che il trattamento migliorasse (21,1%), una condizione di dipendenza dallo psicoterapeuta.
In generale, le persone che ritenevano appropriato il momento del distacco, erano anche più soddisfatte della relazione complessiva. "Si è sempre detto quanto sia importante aiutare i pazienti a focalizzare gli aspetti dolorosi della separazione, ma dai nostri risultati sembra sia importante anche passare sentimenti positivi – è la conclusione di Roe – E' un momento della terapia estremamente importante, dove è fondamentale riuscire a concettualizzare la figura del terapeuta e il lavoro fatto insieme".
Articolo tratto da: www.adnkronos.com