Faccio un esperimento e apro un nuovo 3d con un post del mio blog. Se volete dire la vostra può essere interessante.
Ieri sera ho avuto una lunga chiacchierata con un'amica, molto bella (sia lei che la chiacchierata).
A chiacchierare con donne molto belle si finisce spesso a cercare di spostare l'argomento sul sesso. Non si sa mai!
Così ci siamo raccontati delle pulsioni che nascono al di fuori della coppia e dei nostri rapporti stabili coi rispettivi compagni/e.
E pensavo che per dare un equilibrio a questi eventi, chiunque abbia vissuto o viva un duraturo rapporto di coppia si costruisce una visione della relazione e sovente mi è capitato di scambiare l'opinione che le relazioni cambiano, evolvono col tempo. E, normalmente, quando si dice questa frase si pensa al rapporto sessuale, non solo nell'atto fisico, ma anche nel suo peso all'interno dell'equilibrio di forze della relazione. Col tempo la leva del desiderio diminuisce e la sua influenza nel rapporto di forze scema.
Riflettendoci ancora mi sono reso conto di un paio di cose.
La relazione esiste solo in due posti, entrambi nel nostro cervello, i ricordi della relazione e le percezioni istantanee. Le percezioni vengono elaborate, interpretate una prima volta e finiscono nei ricordi. Così esistono solo due relazioni: il risultato del continuo accumulo di ricordi che la riguardano e le nuove percezioni. Mi domando quindi che senso abbia parlare di cambiamento o evoluzione della relazione. Cioè, mi domando se non sia un modo per adattare la nostra esperienza ad una idea "istituzionalizzata" del rapporto. Anzi, più che mi domando, sono certo che lo sia.
In effetti, noi non sappiamo di cosa stiamo parlando quando diciamo che le relazioni evolvono. La nostra relazione, come emerge dall'archivio storico, sarà completamente definita solo quando conterrà tutti gli elementi che nella storia la caratterizzano. In altre parole, il nostro storico non contiene già tutte le informazioni che definiscono la nostra attuale relazione, perchè continuano a giungerne fino alla nostra morte. Per quanto riguarda la percezione istantanea, per sua stessa natura è impermanente. Non trovo un senso ad un concetto qualsiasi di cambiamento applicato a qualcosa di impermante.
Abbiamo davvero la necessità di definire la nostra relazione come qualcosa di, si direbbe in ambito fisico, quasi-stazionario? Il concetto di relazione comunemente diffuso è proprio un quasi-stazionario, nel senso che se ne definisce una esistenza identificabile su una certa scala temporale, che si origina da un'idea "media percepita" ricavata dallo storico, e si accetta un suo cambiamento molto lento, tale da non modificare il sistema in maniera così rapida da turbarne l'equilibrio. Cioè, ad ogni cambiamento segue un riassetto dell'equilibrio praticamente istantaneo. Ma nella realtà della vita un simile oggetto quasi-stazionario non esiste. Nella nostra vita esiste solo il transitorio e l'accumulo di ricordi. Il quasi-stazionario è una costruzione astratta. Nei sistemi oggetto della fisica o dell'ingegneria semplifica lo studio.
Ma nella nostra visione del mondo, in particolare delle relazioni, è davvero utile? Al confronto del transitorio percepito con il quasi-stazionario costruito nella mente possiamo sicuramente far risalire la maggior parte dei nostri attriti interiori, delle nostre ansie e perplessità.
Ci andrebbe un coraggio da leoni per vivere senza quasi-stazionario. Una simile esistenza mi parrebbe molto naturale e meravigliosa.